Dopo che il fascismo disciolse le associazioni scout, lo scautismo in Italia non morì. Tra difficoltà e rischi, vari gruppi di giovani proseguirono sotto varie forme e con varie tendenze le attività scout. Le Aquile Randagie sono una di queste esperienze.
A Milano tre capi, Uccellini, Binelli e Toffoloni, poco più che ventenni e attorno a loro una ventina di scout, dagli undici ai diciassette anni, provenienti da vari reparti milanesi, formarono il primo nucleo di coloro che, per il vagabondare da un luogo all’altro della periferia milanese, si chiamarono col nome di Aquile Randagie. Essere Aquile Randagie fu dunque una scelta di ogni singolo ragazzo, che richiese coraggio ed espose a rischi (Uccellini subì un’aggressione che lo menomò all’udito).
La fedeltà delle Aquile Randagie allo scautismo di Baden-Powell non fu nostalgia di un recente passato associativo, ma fu volontà di preservare i principi di libertà, responsabilità e coerenza morale che lo scautismo afferma; fu approfondimento dei motivi dell’incompatibilità tra tali principi e la teoria e la pratica del fascismo; fu la presa di coscienza della insufficienza di un pattriottismo o di un civismo astratti, non inseriti nei reali problemi della comunità nazionale e mondiale; fu infine una resistenza non puramente negativa, ma costruttiva, nella precisa volontà di elaborare qualcosa che potesse essere utile un giorno alla gioventù italiana.
Su questa stessa linea, fu più che naturale che le Aquile Randagie si inserissero nel 1943 nella resistenza attiva e nella lotta contro l’invasore. Se l’attentissima polizia fascista non sembra si sia mai accorta di aver a che fare con un movimento, fu perche’ esso mancava di una struttura compromettente, a cominciare dalla sede (il luogo di appuntamento era una colonna di un palazzo di Milano, in un foro della quale venivano lasciate le comunicazioni). Ma le attivita’ furono continue: i campi estivi annui nelle vallate alpine, erano il luogo per ritrovare le energie logorate dalla lunga attesa. Anche in città le Aquile Randagie svolsero varie attività, dando vita tra l’altro a diversi servizi come conferenze di S.Vincenzo o assistenza sociale in quartieri periferici.
Ogni anno esse organizzavano il Natale dei piccoli dell’Ospedale dei Bambini, con doni, giochi, rappresentazioni. In un periodo funzionò anche una sestiglia di lupetti. Le Aquile Randagie tennero rapporti e corrispondenza con scout esteri e nel 1933 ebbero numerosi incontri con scouts che si recavano pellegrini a Roma per l’Anno Santo. Anche i Jamborees (Godollo in Ungheria nel 1933, Vogelensang in Olanda nel 1937) videro partecipazione delle AR che volle essere ben più di un episodio di fraternità scout, la riaffermazione del diritto inalienabile dei giovani italiani ad un colloquio con i loro coetani di tutto il mondo, al di sopra di assurdi nazionalismi. Anima di questa attività era Giulio Cesare Uccellini.
Le AR non furono immuni da crisi: alcuni cedettero allo scoraggiamento, alla tentazione della vita comoda, ai consigli della facile prudenza, alle suggestioni della propaganda. Ma nell’insieme il grande successo di Uccellini fu quello di mantenere compatto il gruppo di clandestini e di riuscire ad infondere in loro la sua eccezionale tensione ideale e la sua fede nella rinascita dello scautismo. Nel 1936, dopo la guerra in Etiopia, egli si recò a Lourdes a chiedere la grazia della rinascita dello scautismo in Italia, facendo voto di condurvi in ringraziamento un pellegrinaggio di scout italiani. Risorto lo scautismo, nel 1954 oltre 400 scouts guidati da Uccellini si accamparono al Santuario francese. A notte Uccellini torno’ da solo, in segreto, a inginocchiarsi nello stesso posto di diciotto anni prima e sciogliere il voto.
Perchè Aquile Randagie
Siamo un gruppo di giovani, che crede negli ideali scout, che desidera vivere uno scautismo significativo, che ci educhi come cristiani e come persone. L’esempio di tenacia e costanza delle AR nella storia dello scautismo italiano è una maniera per richiamarci sempre in quello che crediamo e testimoniarlo nella vita di tutti i giorni.
Il motto che abbiamo coniato e’ il seguente:
“VOLO ERGO VIVO”
e significa che la volontà sostiene e dirige l’azione quindi io sono cosciente di quello che faccio, perchè ho meditato prima di agire.